RIFLETTENDO SULLA
VOCAZIONE FRANCESCANA SECOLARE

di Pietro Spiga

Le Sue vie non sono le nostre vie, i nostri pensieri non sono i Suoi pensieri! Quante domande, quanti tormenti interiori, quante pagine lette per cercare la “verità”, e poi quelle domande ricorrenti «Cosa vuoi da me? Cosa posso fare per servirti?»

Ecco, che quando pensavo di aver trovato la risposta, di aver compreso, trovarmi di nuovo al bivio!
Poi una voce che parla al cuore e mi indica il cammino, apre i miei occhi e rende finalmente comprensibile il suo disegno su di me, già definito quando ero ancora un ammasso di cellule.

Ad un certo punto della vita, ognuno compie delle scelte e ogni scelta ha i suoi oneri, ciò che io pensavo non era la sua volontà, che era ben altra: seguire Francesco d’Assisi, vivere il suo carisma attraverso l’appartenenza all’Ordine Francescano Secolare.

Uno di questi è: portare al collo il “TAU” come segno di quello stile di vita che ho scelto di abbracciare, dopo essere stato chiamato al “servizio” di Dio, della Chiesa e degli uomini.

Non so quanto sia più oneroso, la via che avevo scelto di seguire o quella che Lui mi ha indicato.

Mettere i piedi sulle orme di Francesco non è semplice, affatto, spesso è necessario mettere tra parentesi i propri problemi, le proprie esigenze personali, il proprio bisogno di affetto, di amore, di comprensione, le proprie relazioni con l’ambiente familiare, gli amici, essere il tramite per annunziare il Vangelo, essere strumento nelle sue mani.

Per seguire Cristo attraverso l’esempio di San Francesco è necessario spogliarsi del proprio Io e affrontare la quotidianità. Rinnegare se stessi abbracciare la propria croce e seguire senza esitazioni il Figlio dell’Uomo nelle salite della vita.

Rinnegare se stessi è rivalutare se stessi mortificando il proprio orgoglio, la propria presunzione, il proprio credere di essere differenti da ciò che in realtà si è.

Vivere da terziario francescano significa lasciarsi istruire da Dio; cercare di agire con  umiltà accettando di confrontarsi con i propri limiti e le proprie debolezze.

 

La consolazione di avere il Signore sempre con noi pronto a soccorrerci quando non ce la facciamo più è l’unica certezza che ci fa andare avanti, anche se spesso, diamo più importanza alla voce dell’intelletto che a quella dell’anima.
Ne consegue che la semplicità, l’innocenza, l’umiltà, l’apertura totale del cuore a Dio diventano aspetti surclassati dalla presunzione, dall’arroganza e dall’apparire.

L’insegnamento del Signore Gesù è semplice e lineare; non pretende erudizione ma solo abbandono filiale al Suo Amore infinito, nonostante gli uomini lo contaminano con le loro interpretazioni, con discussioni e dibattiti non di rado sterili, con la presunzione di spiegare ciò che non è spiegabile in parole semplici.

L’immagine che Francesco propone è quella di un Gesù che deve evocare in noi un sentire puro e innocente, fatto di sentimenti e di emozioni positive, in cui non c’è spazio per l’elucubrazione mentale, per i malesseri terreni, per la snervante e dolorosa rassegnazione di fronte agli eventi che caratterizzano la vita. Vi pare sia semplice? Affatto!

Agli occhi di Dio, le capacità umane sono solo orpelli privi di senso. Sono le nostre capacità interiori, del cuore, della mente e della volontà a nutrire il nostro amore nei confronti di Gesù.

Orgoglio e vanità servono solo a garantire a noi stessi di esistere…malgrado tutto.
Volgere lo sguardo oltre gli orizzonti del nostro io e rinnegare se stessi, dar risalto a quella sottile e discreta presenza dello Spirito che vive in noi. La vita è fatta di salite e discese.
Difficilmente il cuore percorre le pianure. Ma è soprattutto quando il nostro cammino è in salita che hanno inizio quei misteriosi moti dell’anima che ci conducono direttamente tra le braccia di Dio.

Mi conceda l’Eterno di essere sempre fedele al carisma Francescano e di vivere la mia vita “in humilitate”.